La rabbia e il cavallo
Dolore e rabbia possono arrivare a mescolarsi in maniera così potente ed esplosiva che dolorosamente permea tutta la vita di un ragazzo, al punto da diventare un miscuglio indistinguibile. Se poi si accumulano nell’animo ferito, confuso e vivo di un adolescente, il mix rischia di esplodere.
Così mi era stato presentato G., 15 anni, gracile, dalla pelle piena di cicatrici, dai grandi occhi nerissimi, nevrile ma fragile affidato a una casa famiglia e seguito da ormai lungo tempo dai servizi sociali. Così giovane eppur con un vissuto già difficile doloroso, come tanti adolescenti di oggi: la vita gli si è sbattuta in faccia fin dalla più tenera età. E non perdona.
La sua famiglia naturale è dispersa nel mondo, con un padre che ha abbandonato lui e i suoi 4 fratelli da un giorno all’altro, lasciando come scia rabbia e dolore, paura e sospetto verso il mondo. E un senso di colpa; quella vergogna immotivata e irrazionale eppur così vera e forte che accompagna quanti vengono abbandonati. Come altri, G. non sa e forse mai capirà il perché di questo bagaglio di emozioni che nel tempo si sono accumulate fino a scoppiare nel momento in cui questo bambino ormai cresciuto ha dovuto lasciare anche il tetto della propria casa. E interrompere una storia.
La sua storia. Una scelta fatta per lui: per riparare, per capire che la protezione esiste e può arrivare anche in luoghi
sconosciuti e nei buoni incontri, le belle cose, possono accadere. G. è arrivato nel nostro centro di pet therapy attraverso gli assistenti sociali: in una rara confidenza durante un colloquio di monitoraggio, avevano scoperto ed intuito un suo interesse per gli animali. così lo era per davvero!
Già dal primo incontro mi sono accorta che, almeno apparentemente, non accettava di essere lì. Ma lo potevo comprendere bene.
Era svogliato, negativo, mostrava rabbia: un maestro della sfida e dell’improvvisazione emotiva. I suoi primi contatti, in particolare con gli asini, sono stati provocatori: lanciava dei bastoncini a terra a poca distanza dai loro zoccoli per valutare la reazione degli animali e anche di noi operatori umani. Sbuffava, faceva le cose svogliatamente, buttava sul terreno le spazzole, il cibo. E poi si nascondeva un po’ per spaventare, un po’ per essere cercato. Come fanno i bambini piccoli. Anche per un asino può essere un comportamento interessante. Curioso contro curioso.
La pazienza, la calma mentale, il contenere le angoscie, in terapia, come in questi casi sono le armi migliori: andare avanti, nonostante tutto. Accettare la scommessa di non mollarsi. Perché spesso nelle esperienze di rabbia e provocazione c’è anche una posizione regressiva per mettere alla prova l’altro e capire se “c’è”, se mi tollera, se mi intravede. Se si interessa a me. Insomma se esisto per davvero. Il cambiamento è stato per mano, anzi, per zampa di un cavallo. Con Jo un animale particolare, dal carattere complesso, difficile da comprendere, che non si fa avvicinare con facilità. Come G. Un parallelismo emotivo che ha permesso un rispecchiamento per entrambi, e uno sfidarsi a colpi di sguardi fughe smarrimenti e riavvicinamenti.
Appena lo ha visto, così grande con le sue toppe maculate, fiero e parecchio scaltro, qualcosa in G. è cambiato, già visibile nei suoi occhi. E così ha iniziato a raccontare, portando il suo mondo emotivo, la sua storia di vita.
Da piccolo per un po’ di tempo aveva frequentato una fattoria con maneggio nel sud Italia in uno dei suoi tanti trasferimenti. Aveva conosciuto un cavallo simile a quello trovato da noi. Lo accarezzava, lo accudiva, qualche volta lo ha anche cavalcato. Accanto a lui c’era il padre. Rari momenti insieme. Felici. E con me ha accettato la sfida. “Provo io a parlare con questo cavallo” ci ha detto. Così è stato. Con una cura, un’attenzione, una pazienza calibrata e gentile una dedizione che nessuno si immaginava da questo giovane, è riuscito ad avvicinare l’animale, a strigliarlo, ad accudirlo. Tra i due si è creata una relazione in un tempo anche piuttosto breve che ha stupito tutti i terapeuti e i medici curanti. Il suo percorso nel nostro centro è durato due anni nei quali abbiamo visto G. crescere e cambiare di umore e di atteggiamento.
Di consapevolezza di sè.Lui ha capito il cavallo. Ma il cavallo ha capito anche lui.
Ed io forse ho capito entrambi solo in quella relazione nata così naturalmente.
Una volta diventato maggiorenne, G. ha iniziato il suo percorso verso l’autonomia anche professionale ed è entrato in una fattoria della Toscana come apprendista. Ha trovato la sua dimensione. Si impara da piccoli a capirsi con gli animali. E non lo si scorda piu.