Natale e adolescenza: quando le feste diventano uno specchio interiore
Natale e adolescenza: quando le feste diventano uno specchio interiore
di Francesca Mugnai
Non per tutti il Natale è fonte di gioia e spensieratezza. Non per tutti è il momento più bello dell’anno. Non penso solo agli anziani, ai malati, a chi si ritrova solo dopo aver perso i suoi cari.
Penso anche ai ragazzi che stanno vivendo un momento di difficoltà che il resto del loro mondo magari non riesce neanche a vedere, tanto meno comprendere.
Penso a quegli adolescenti per i quali il Natale, tradizionalmente celebrato come momento di gioia e condivisione familiare, può rivelarsi un periodo emotivamente complesso e carico di contraddizioni, una fatica emotiva.
Dietro le luci festose e i sorrisi stereotipati, si nascondono spesso sentimenti di solitudine, tristezza rabbia e un gap emotivo.
Paradossalmente, proprio mentre il mondo sembra celebrare la vicinanza e l’unione, molti adolescenti si sentono più isolati che mai.
L’immergersi nella tecnologia, nei social e nei video brevi fatti scorrere freneticamente è una compagnia virtuale, ma manca il corpo, la presenza. E si rischia di sentirsi ancora più soli.
Le immagini che scorrono rappresentando famiglie sorridenti alla “Mulino Bianco”, regali da scartare ridendo, momenti di estrema allegria, contrastano ancora più nettamente con una personale e inspiegabile esperienza emotiva.
L’adolescenza è un periodo difficile – si sa – perché di transizione: la nostra identità è ancora in formazione e il Natale può diventare uno specchio ingrandente delle proprie fragilità.
Ci si confronta con aspettative familiari, dinamiche relazionali complesse e un senso di inadeguatezza. Annusiamo il mondo, ma ancora ci fa paura.
Le reazioni sono diverse e tutte personali: un crescente distacco emotivo dai rituali familiari, che diventano pesanti, inutili, posticci; un senso di pressione sociale legato al “dover essere felici”; una nostalgia di un’infanzia ancora così vicina nel tempo eppure tanto lontana, consapevoli che si sta definitivamente perdendo e un progetto di essere grandi ma non sentirsi ancora così.
Per alcuni adolescenti, la tendenza all’isolamento può sfociare in comportamenti più strutturati, come quello di ritiro sociale.
Durante le festività, questo fenomeno può acutizzarsi: le camere diventano rifugi protetti, i videogiochi e le comunità online gli unici spazi percepiti come sicuri e non giudicanti.
Come affrontare questo momento? Non è facile per nessuno, né per chi lo vive (l’adolescente) né per chi lo vede e subisce (il genitore).
Da parte del ragazzo stesso ci vuole un percorso importante, magari anche guidato da un esperto, che lo porti all’accettazione, conoscenza e comprensione delle proprie emozioni, alla comunicazione esplicita dei propri sentimenti, al cambiamento della quotidianità in cerca di uno sfogo identitario personale, magari l’uso della creatività con strumento di comunicazione.
Per l’adulto che ha a che fare con l’adolescente in difficoltà, ci vuole tanta pazienza, volontà di comprendere e accettare il cambiamento, propositività e apertura al dialogo.
E se Natale è il giorno per eccellenza dei regali, credo che il regalo migliore per un adolescente in questo periodo non siano gli oggetti materiali (seppur qualcosa da scartare sia sempre importante), quanto spazi di ascolto, comprensione e accettazione e di silenzio presente. Un Natale che permetta loro di essere genuinamente se stessi, con tutte le loro complessità ed evoluzioni. Le festività possono diventare un’opportunità di crescita, non un obbligo di felicità preconfezionata.