Cos’è la pet therapy?
Cos’è la pet therapy? È la prima domanda che mi viene rivolta da chi conosce me o vede i cani entrare nei reparti di ospedale: cosa è la pet therapy? La compagnia di una cane che fa bene?No, non è questo. Non è solo questo. È tanto tanto di più e soprattutto dietro c’è un lavoro immenso di un’equipe multidisciplinare composta da professionisti specificatamente formati.
Ma andiamo con ordine.Innanzitutto il nome: si parla di Interventi assistiti con gli animali (IAA), ma nel gergo comune viene chiamato pet therapy, terapia con animali domestici. Una definizione popolare, facile da ricordare, ma che non è proprio corretta: si tratta infatti non di una terapia, ma di una co-terapia che integra, rafforza e coadiuva le tradizionali terapie nonchè percorsi psicoeducativi o legati al miglioramento della qualità di vita. Grazie al supporto di animali con percorsi educativi ed esperenziali monitorati e di operatori umani formati, secondo una legge nazionale del 2015, facilita l’approccio delle varie figure mediche e riabilitative o psicoeducative soprattutto nei casi in cui il soggetto, bambino, anziano persona con disabilità, non dimostra collaborazione spontanea. La presenza di un animale, in molti casi consolida un rapporto emotivo con la persona e tramite di esso stabilisce sia un canale di comunicazione unico e potentissimo che funge da uno stimolo alla partecipazione attiva del beneficiario dell’intervento.
L’efficacia terapeutica di ciò è da ricercare nella facilità che il soggetto animale, cane gatto asino cavallo o coniglio crea, nonchè all’instaurarsi di un rapporto empatico tra gli attori dell’intervento. Per questo può essere impiegata su pazienti affetti da differenti patologie con obiettivi di miglioramento comportamentale, fisico, cognitivo, psicosociale e psicologico-emotivo.
Non basta avere un cane docile e affettuoso per “stare meglio”. Gli effetti immediati ci sono e sono facilmente constatabili da chiunque provi ad accarezzare un cane o un gatto: il sorriso nasce spontaneo e il corpo si rilassa.
Un IAA parte da questo benessere istintivo e va molto oltre. È infatti basato sul singolo paziente e sull’animale adatto a quel contesto e a quella persona. Non basta, insomma, avere un cagnolino bravissimo accanto per poter parlare di pet therapy: ci vuole formazione, animali che abbiano caratteristiche precise e siano cresciuti in questo ambito e un’equipe adatta allo scopo. Più l’obiettivo è terapeutico, più l’equipe si allarga a figure sanitarie e riabilitative e aumenta anche il monitoraggio sull’impatto sul paziente umano, mentre sull’animale rimane costante.
Infatti il benessere della persona deve corrispondere a un benessere per il cane/animale che collabora in IAA: per lui l’impegno psicofisico è notevole. Per questo deve essere costantemente controllato sia a livello clinico attraverso esami specifici sullo stress, come le indagini veterinarie sul cortisolo che è valido sia per l’essere umano che per l’animale. Inoltre dobbiamo sempre portare avanti un monitoraggio comportamentale, sempre legato al benessere psicofisico dell’animale. L’entrata in vigore delle Linee guida Nazionali sugli IAA sono molto dettagliate sulla salute fisica e mentale dell’animale in stretta collaborazione col veterinario referente.
E non per ultimo chiediamoci se è proprio necessario un intervento con il pet, e sopratutto in quale rapporto di reciprocità la crescita e il benessere sono a vantaggio di entrambi.