Perdere il nostro animale: un lutto silenzioso
Cane, gatto o qualsiasi altro animale domestico diventano parte della nostra famiglia; fin da cuccioli ci affezioniamo alla loro quotidiana presenza e con loro costruiamo una trama di narrazione che ci fa riconoscere di avere davvero bisogno di loro. Sono un potente enzima di allegria e vitalità nella nostra quotidianità, un potente legame che si alimenta – come tutte le relazioni – di momenti di ascesa e discesa emotiva, un rapporto asimmetrico eppur paritario in cui noi ci prendiamo cura di loro, e loro nelle nostre case e nei nostri cicli di vita ci accompagnano.
Diverse sono le ricerche che hanno indagato proprio gli effetti che gli animali domestici hanno sulla salute dei loro proprietari, e ci piace pensare che tutto questo sia alimentato da una reciprocità, da un essere insieme.
Il legame emotivo che si forma è molto potente ed è spesso vissuto come una relazione privilegiata. Per questo è ancora più complesso viverne la perdita. L’idea stessa di dover prima o poi fare a meno del proprio animale, appare spesso ingiusta e pensata come qualcosa di troppo doloroso da accettare. Tanto più avviene quando la nostra esistenza è pervasa dalla malattia.
Il lutto nel suo significato più intimo è rappresentato da una situazione di crisi causata dalla perdita di un “altro” importante e che ha un valore fondamentale nel proprio percorso di vita. E in questo sta il senso del dolore della perdita.
La morte del proprio animale si riferisce quindi a quel legame di attaccamento che si instaura come tra genitori e figlio e in generale in tutti i legami primari.La perdita del proprio cane, gatto o altra specie domestica, con la quale tanto si è condiviso, scatena processi psicologici di elaborazione del lutto analoghi a quelli osservabili per la scomparsa di un familiare o di un caro amico (Anderson, 1994).
La perdita di un animale da compagnia è ancora socialmente poco considerata, giudicata come un dolore minore, un po’ sordo, poco condivisibile. Spesso viene sminuita o accompagnata da un “va beh, ne prenderai un altro che lo sostituirà”. Questo aumenta, nella persona colpita dal lutto, la sensazione di solitudine e di dolore inespresso e inesprimibile perché incompreso.
In uno studio pubblicato nel 2003 sulla rivista “Professional Psychology: Research and Practice” si sottolinea come «molte persone (compresi i proprietari di animali domestici) ritengono che il dolore per la morte di un animale domestico non sia meritevole di tanto riconoscimento quanto la morte di una persona, e sfortunatamente questo tende a inibire le persone nella piena sofferenza per la morte di un animale».
Ciò porta alla costruzione dentro di sè del lutto non legittimato, in inglese “disenfranchised grief”, elaborando quindi uno scollamento tra ciò che si sente individualmente e ciò che si dovrebbe sentire in termini sociali, ossia meno dolore. Ma non sempre è così.
La scomparsa del proprio un animale si caratterizza come un momento potenzialmente critico e difficile da superare anche per i bambini, per i quali, secondo lo psicologo clinico di Chicaco Leigh Chethik, quella morte può configurarsi come una sorta di «prova generale per la perdita di un membro della famiglia». «Con la morte di un animale domestico, i bambini sono spesso esposti a una nuova crisi o lotta esistenziale: l’idea della mortalità. Le cose che amiamo e a cui teniamo non sono per sempre. Possiamo perdere e perderemo cosa e chi amiamo”.
La relazione con l’animale così importante e sempre più sotto l’attenzione clinica di medici e psicologi, ancora una volta ci deve far capire che l’attaccamento che costruiamo con i nostri pet è profondo e denso di valori. Per questo deve essere preso in considerazione sia dall’individuo che nel contesto in cui si vive: stare insieme per un percorso più o meno lungo, ci rende protagonisti di una storia unica e indimenticabile, dove fedeltà, amicizia e protezione sono le basi.
La morte e il conseguente lutto ne sono una fase. E non quella finale. Un legame con l’animale è per tutta la vita.