Ri-Partiamo dalla nostra stessa storia. La fase “n” degli IAA
Sarà una ripartenza. Anzi, sarà un rinnovato percorso che prenderà spunto dai propri esordi.
Gli interventi assistiti con gli animali si sono svolti, negli ultimi anni, per lo più in spazi chiusi, in particolare nelle strutture sanitarie e di cura per anziani e per disabili, ma anche nelle scuole e negli istituti penitenziari. Tutti luoghi che in questo periodo particolare sono stati chiusi all’accesso di persone esterne per la tutela collettiva.
Questa pandemia ci ha portati a rivalutare l’igiene e la protezione nonché a ripensare alla prevenzione del contagio anche nei confronti degli animali. Abbiamo sperimentato e stiamo portando avanti la “pet therapy a distanza”, utilizzabile per chi ha già un rapporto privilegiato e avviato con i cani degli IAA, ma sappiamo bene che non sempre è possibile, e non è per tutti. Certamente è un modo per ripensare questa disciplina e farla crescere, ma ora è arrivato il momento di pensare a una ripartenza con tutte le precauzioni del caso e nel rispetto anche dei timori di contagio di perdita cui non sarà facile liberarsi, e con cui dobbiamo convivere.
Gli spazi aperti i luoghi rurali i giardini nascosti nelle città possono essere una risposta pedagogica didattica e di promozione di benessere psicofisico: la natura intesa come “spazio fisico”possono diventare i nostri luoghi di lavoro, soprattutto grazie a un clima più mite.
Possiamo ripartire piano piano concentrandosi sulla natura e gli ambienti all’aperto. O meglio, è un “ri-partire” per chi come noi ha contribuito all’ingresso degli interventi assistiti con gli animali negli ospedali e nei luoghi fragili. All’inizio – e si parla ormai di 20 anni fa – grazie a strutture coraggiose come l’AOU Meyer di Firenze, abbiamo potuto vivere una sperimentazione progressiva. I primi mesi e anni di lavoro li abbiamo vissuti in giardino: i bambini ricoverati uscivano negli spazi esterni e vivevano la loro esperienza con i nostri Kato, Quelo. Per chi non poteva uscire fuori, il contatto era solo visivo, filtrato dal vetro di una finestra. Chi era allettato purtroppo non poteva usufruire di questa opportunità.
Non è stato facile, tra limitazioni dettate appunto dalla patologia e la terapia del paziente, dalla struttura architettonica del luogo di cura e anche dal condizionamento meteorologico. E anche dalla “paura igienica sanitaria” di un qualcosa di nuovo e sconosciuto. Ma è servito per prendere fiducia reciproca, per fare esperienze che hanno permesso di compiere passi importanti nella storia degli IAA e anche per trovare nuovi metodi per far entrare progressivamente i cani in ospedale seguendo protocolli igienici precisi, rigorosi , come è giusto che sia dentro una struttura nosocomiale. I primi passi in ambienti chiusi sono stati nelle sale di attesa degli ambulatori, poi del pronto soccorso per dare sollievo ai piccoli che aspettavano il loro turno di visita. Progressivamente i cani sono entrati nei reparti, dapprima nei corridoi di quelli meno fragili , poi nelle stanze, addirittura sui letti o sulle gambe dei pazienti durante le visite mediche.
Oggi l’accesso agli animali degli interventi assistiti in ospedali evoluti è permesso in tutti i reparti: gli IAA sono diventati parte integrante del protocollo di cura e i cani hanno libero accesso nei dipartimenti di pediatria internistica, chirurgia pediatrica,il pronto soccorso neuroscienze, ma anche nell’area critica, nell’oncologia, nella rianimazione e terapia intensiva la psichiatria dell’infanzia e adolescenza. Quotidianamente, per tutto l’anno. Ininterrottamente. Per permetterlo, sono necessarie meticolose pratiche igieniche, periodici controlli veterinari e comportamentali che seguono protocolli specifici. Quello dell’AOU Meyer di Firenze, il “Protocollo organizzativo sulle misure di prevenzione e la trasmissione nosocomiale delle infezioni negli interventi assistiti con gli animali”, è diventato una sorta di manuale degli IAA nelle strutture di cura che ha ispirato tante altre strutture sanitarie in tutta Italia. E non solo in Italia.
Per fare un passo avanti all’indomani della pandemia, dobbiamo fare un passo indietro: ripartire dagli spazi interni, dalle distanze, dalla sperimentazione, dal “chiedere permesso”. Senza dimenticare ciò che è stato fatto con fatica, con accorgimenti, con precauzioni e tentativi. Nulla di improvvisato e mai da improvvisare: professionalità ed esperienza restano le basi su cui fondare gli interventi assistiti con gli animali anche in questa nuova fase. Che non è una fase 2 o 3, come si usa dire di fronte al post-lockdown pandemico, ma è una “Fase N”, che prosegue un cammino fatto di tanti piccoli, grandi passi nella storia della pet therapy, e soprattutto nell’interesse ed del rispetto dei soggetti fragili e degli ambienti di cura.